9 domande a… Ruben H. Oliva

Pubblicato il 9 Maggio 2008 | Autore: | Categoria: In evidenza

In occasione della presentazione del film-documentario “La Santa”, avvenuta lo scorso 7 maggio a Palazzo Camponeschi, abbiamo incontrato il regista Ruben H. Oliva e gli abbiamo posto alcune domande inerenti sia la sua ultima fatica, sia i precedenti lavori che gli argomenti d’attualità.

UdU: Qual è la sensibilità dei giovani nei luoghi dove la ndrangheta è più radicata, e qual è la loro reazione (eccezion fatta per i nostri coetanei familiari dei membri di questa organizzazione criminale)?
Ruben H. Oliva: Al sud, i giovani si sentono soffocati, reagiscono quindi molto di più. A nord, beneficiano della felpa di marca, di futilità simili, non si spara tanto, quindi hanno una reazione più marginale.
Invece, i giovani di Lamezia Terme, di Napoli, in Sicilia, c’è una grande reazione: questi ragazzi non sono liberi di uscire la sera, non sono liberi di vivere. A sud reagiscono di più: è più forte il male, ma è anche più forte il bene.
U: Tutto questo è dovuto anche ad un’informazione che non viene fatta in maniera trasparente?
RHO: Esatto, al sud vedono quello che succede, vedono i morti per strada, vedono il pizzo, vedono il potere dello ndranghetista che gli passa davanti, vedono il camorrista in Campania, non glielo raccontano al mattino.
U: Questo vale per coloro che la ndrangheta la vivono di persona, ma per fortuna ci sono persone che non vivono il fenomeno, ma purtroppo non capiscono il problema.
RHO: Fondamentalmente, i ragazzi del nord li classificano come terroni che si sparano tra di loro, e questo è un atteggiamento che è passato anche a livello politico. Per Roma, la ndrangheta non è materia politica.
U: Grazie alla gestione a livello familiare, la ndrangheta riesce ad organizzarsi in maniera ottimale. Quali sono quindi gli obiettivi che la ndrangheta si è preposta?
RHO: La ndrangheta ha capito la globalizzazione prima di Internet, ha disseminato (grazie alle emigrazioni) ndranghetisti per tutto il mondo, che hanno investito in tutto il mondo, e perciò sono indipendenti.
In questo momento, anche se chiudessero la Calabria, la ndrangheta continuerebbe comunque a funzionare benissimo. Ha investito a Milano, in Germania, in Australia. Una volta accumulato un bottino, si interrompono le comunicazioni con San Luca, la Locride, Siderno, rimanendo autonomi. Sai che non puoi comunicare, ma continui a fare business.
U: Quali differenze tra il libro e il film?
RHO: Nel film abbiamo messo su pellicola quello che siamo riusciti a documentare con una videocamera, nel libro compaiono tratti che purtroppo non possono essere documentati, data anche l’atrocità dei contenuti.
U: Nel documentario si parla di rapporti con l’estero e della droga come fonte di guadagno maggiore. Quali altri tipi di fonti esistono?
RHO: Tutto. Residui tossici, armi, Gazprom, tutto. Investono nel circuito legale. Il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, si chiede come è possibile capire quando i soldi della ndrangheta entrano nel circuito legale. Dovresti fermare il dito del broker di borsa, mentre preme enter, al momento giusto.
U: Veniamo alle parole di Berlusconi su Mangano. Come interpretare la palese giustificazione che la gente ha dato a questa affermazione?
RHO: La gente non sa più chi è Mangano. E’ molto semplice: la gente è disinformata. Se le persone sono tampinate dalla mattina alla sera con i rumeni, gli stupri, con i crimini in villa… e Mangano chi era? Se tu fermi per strada qualcuno e chiedi “Chi è Mangano?” non lo sanno.
U: Quando c’era Silvio e Uccidete la democrazia!, due messaggi chiari passati quasi inosservati.

RHO: Dopo Uccidete la democrazia, siamo stati lasciati soli. Con De Aglio, abbiamo una causa per 5 milioni di euro, dal ministro Pisanu: non c’è venuto in aiuto nessuno. E’ stata una vergogna, perché è stato un broglio sotto gli occhi di tutti i giornalisti che erano in Via dell’Umiltà, insieme a me, nella sede di Forza Italia e hanno visto. Viene da chiedersi, come mai i risultati nel 2008 si sapevano già alle 18, mentre nel 2006 si sono sapute alle 3 o alle 4 del mattino.
All’epoca di Quando c’era Silvio, alcuni giornalisti, che ci accusavano di allarmismo, affermarono che quel documentario sarebbe stato un boomerang.
U: Infine, la libertà d’informazione in Italia?
RHO: Non esiste. Non esiste perché gli editori decidono cosa scrivere e cosa non scrivere, la pubblicità non deve rompere i coglioni. Se hai la disponibilità che ho io, vieni trasmesso a mezzanotte o l’una, neutralizzato. C’è poi un grosso marketing; i veri cronisti sono gente non conosciuta: la gente che sta facendo cronaca la fa sul proprio territorio a proprio rischio.
Per esempio, Rosaria Capacchione, mia carissima amica da 6 o 7 anni, racconta i casertani da una vita, è povera, non ha spazi importanti e come lei tantissimi altri.

2 commenti
Lascia un commento »

  1. […] Che la libertà d’informazione sia un’utopia, nel nostro paese, è un dato di fatto, niente di nuovo sotto il sole. Anche se Beppe Grillo raccoglie 1.350.000 firme (e la gente è pronta a sputargli addosso solo per la sua dichiarazione dei redditi), anche se la Rosaria Capacchione gira con la scorta per cercare di raccontare la camorra, anche se continuiamo a vivere nel Paese in cui Mediaset mi ricorda tanto la BTN di Lewis Prothero (”The Voice Of London” in V per Vendetta), in queste ore si sta consumando un dramma già visto: se in televisione dici che un ministro la seconda carica dello stato ha avuto contatti con la mafia, non ti preoccupi di accertarti che quel che è stato detto sia falso, bensì quereli Marco Travaglio che ha semplicemente fatto il suo lavoro. Quanto è pericoloso non poter controllare una persona, vero? U: Infine, la libertà d’informazione in Italia? RHO: Non esiste. Non esiste perché gli editori decidono cosa scrivere e cosa non scrivere, la pubblicità non deve rompere i coglioni. Se hai la disponibilità che ho io, vieni trasmesso a mezzanotte o l’una, neutralizzato. C’è poi un grosso marketing; i veri cronisti sono gente non conosciuta: la gente che sta facendo cronaca la fa sul proprio territorio a proprio rischio. (fonte) […]