Inaugurazione Anno Accademico 2010/11, il discorso del Presidente del Consiglio Studentesco

Pubblicato il 1 Marzo 2011 | Autore: | Categoria: Comunicati Stampa

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’AQUILA

Inaugurazione Anno Accademico 2010/2011
28 Febbraio 2011

Discorso del Presidente del Consiglio Studentesco
Chiara Carulli

Studenti, dottorandi, specializzandi, precari, personale tecnico-amministrativo, personale docente dell’Università dell’Aquila.
Onorevole Pisanu, Illustre Prefetto del Governo, Magnifico Rettore, Presidente della Regione Abruzzo, Presidente della Provincia, Sindaco dell’Aquila, Autorità tutte.

Oltre 21.000 studenti si sono iscritti, anche nell’Anno Accedemico 2010/2011, all’Università dell’Aquila.

Ancora una volta noi studenti abbiamo scommesso su quest’Ateneo, lasciando un speranza accesa per il futuro di questa città.

L’abbiamo fatto per motivi didattici, per un legame territoriale o per un vincolo emotivo e relazionale.
L’abbiamo fatto nonostante tutto.

A ormai due anni dal sisma, le condizioni degli studenti e “dell’Aquila Città Universitaria” sono ancora molto lontane dal ritorno alla normalità.

Nonostante quanto sia stato promesso in questi mesi, nonostante quanto auspicato, nonostante i piccoli passi avanti che a fatica sono stati fatti, ci troviamo ancora a denunciare una situazione molto precaria sotto i diversi aspetti che caratterizzano la vita quotidiana di uno studente.
L’offerta di alloggi pubblici e privati è ben lontana dal soddisfare quelle che sono le esigenze effettive; il mercato degli affitti continua ad essere decisamente fuori controllo; gli spazi di socialità, le sale studio, le aule informatiche, sono completamente inestistenti.

I trasporti urbani, tenendo conto che la città si estende ormai su una direttrice di più di 30 km, sono inadeguati e insufficienti.
In un territorio “spalmato” come è oggi quello dell’Aquila, la mobilità è l’unico elemento in grado di dare una identità di città. Senza mobilità garantita, da ogni luogo, ed in ogni ora, non c’è la città, ma solo un dormitorio diffuso.

Ed è per questo che appare miope, ingenua, a tratti ridicola, la scelta del Comune dell’Aquila di stralciare dal progetto finanziato dall’Anci, finalizzato alla realizzazione della “città universitaria”, la parte che avrebbe permesso di realizzare i trasporti serali.

Senza la mobilità serale, gli interventi per realizzare eventi culturali giovanili, non possono definirsi “per gli universitari”, ma semplicemente per i soli giovani automuniti.

E’ importante comprendere che il diritto alla mobilità è oggi una precondizione assoluta, un diritto primario, senza il quale il resto è effimero, se non spreco.

Per noi la mobilità da garantire è sia quella extraurbana, regionale, con le regioni limitrofe, che urbana.
Le mobilità gratuita e la diffusione del servizio, sia nelle linee, che nella frequenza, vanno garantiti sino a quando non si riavrà una reale dimensione urbana.

Il recupero degli edifici universitari danneggiati a seguito del sisma procede a rilento, per cui le facoltà vivono il disagio della carenza di laboratori, biblioteche, di sedi provvisorie inadeguate e mal servite.

Ormai siamo arrivati ad un punto in cui è necessario avere basi certe, su cui poter fare progetti per il futuro. Siamo perfettamente consapevoli delle difficoltà create dal sisma, non abbiamo mai pensato che tutto potesse essere risolto in breve tempo.
Ma riteniamo che non si possa più tergiversare su una pianificazione, un progetto sulle strutture, sugli edifici dell’ateneo da ricostruire.

È evidente che per fare un’analisi di questo tipo c’è bisogno di dati certi: progetti concreti, che devono essere realizzati in un contesto ragionevole, e certezza sulla disponibilità delle risorse. Ed è incredibile che le risorse destinate al recupero delle strutture universitarie siano ancora incerte, sia relativamente alla reale consistenza, sia relativamente ad una effettiva disponibilità. Quelle risorse dunque non sono in realtà ancora cantierabili.

Abbiamo sempre puntato e creduto nel legame indissolubile che deve esserci tra l’università e la città.
Per questo riteniamo che le scelte si debbano fare mettendo insieme tutti gli enti interessati. Invece, riscontriamo che, dopo quasi due anni, questi passaggi non ci sono stati.
Queste incertezze penalizzano tutti: la città, l’università e tutti gli studenti.
Auspichiamo ancora una sinergia tra tutti gli enti interessati, a favore del rilancio di tutto il sistema cittadino, con la sua università al centro.

Già lo scorso anno abbiamo denunciato chiaramente le responsabilità degli Enti preposti, Regione in primis, rispetto alle numerosissime inadempienze riguardanti il diritto allo studio. Speravamo che almeno quest’anno si riuscisse a ripristinare un livello minimo di servizi di base, si incrementasse l’offerta pubblica di alloggi, si attivassero strutture già inaugurate.

Speravamo che Regione e Comune almeno quest’anno avessero dato la giusta priorità alle infrastrutture per gli universitari.
Ed invece:

135 giorni: è il tempo passato dalla ormai imbarazzante inaugurazione della struttura Polifunzionale donata dal Canada, dotata di sale studio e impianti sportivi.
La struttura, tra lo sgomento nostro e dello Stato donatore, è ancora chiusa.

471 giorni: è il tempo passato dall’apertura dello studentato S.Carlo Borromeo, costruito con fondi pubblici e per questo destinato ad una gestione pubblica e rispettosa della legislazione sul diritto allo studio.
Invece ancora oggi è gestito in maniera privatistica dalla Curia,
senza alcun rispetto dei criteri pubblici nell’assegnazione dei posti letto.

694 giorni: è il tempo passato dal sisma. Da allora la struttura polifunzionale dell’ADSU nel Polo di Coppito, dotata di mensa, bar, ampie sale studio e sala ricreativa, versa ancora in totale stato di abbandono.
La Regione Abruzzo, proprietaria dell’immobile, non ha ancora cantierato la ristrutturazione.

E potremmo continuare così con Casale Marinangeli, l’ex Crab, Centi Colella… e questo solo per quanto riguarda le strutture.

Siamo rimasti per 6 mesi privi del servizio mensa in tutte le sedi universitarie e le residenze studentesche.
Il servizio di ristorazione è stato riattivato solo dal 10 gennaio, mentre rimangono ancora inutilizzate le strutture destinate agli altri servizi.
La riattivazione del servizio mensa è arrivata solo dopo reiterate, massicce, fantasiose proteste degli studenti e dei lavoratori.

Per quanto riguarda i beneficiari delle borse di studio, dalla pubblicazione delle graduatorie dell’Anno Accademico 2010- 2011 siamo ancora fermi ad un misero, incredibile, vergognoso 22 % di copertura degli idonei.

A L’Aquila una copertura così bassa non si era mai registrata; la Regione Abruzzo ha infatti stanziato per le borse di studio, a seguito del riparto del fondo integrativo, soltanto 600.000 euro destinati agli studenti iscritti all’Ateneo Aquilano.
Il danno è maggiorato se si tiene conto del drastico taglio sul diritto allo studio realizzato da Tremonti.

In un territorio in cui è fondamentale puntare sull’Università e i suoi studenti, sul terreno del diritto allo studio, la Regione Abruzzo continua a non mettere in campo iniziative per migliorare i servizi, continua a non investire sulle borse di studio.

Addirittura la Regione ha ripartito fondi straordinari, destinati espressamente agli studenti dell’Università dell’Aquila dalla Conferenza Stato-Regioni, tra tutte e 3 le Adsu abruzzesi, creando imbarazzo persino nei nostri colleghi studenti delle Università di Teramo e Chieti-Pescara, che non hanno certo chiesto alla Regione Abruzzo di compiere questa scelta vergognosa.

Chi vi parla, il 17 novembre, a conclusione di una imponente manifestazione universitaria, è riuscita ad avere un incontro con l’Assessore Gatti e con il Presidente Chiodi.
In quella sede abbiamo ribadito la necessità di riattivare le mense, di rimodulare i criteri per l’attribuzione del Contributo di Autonoma Sistemazione, eliminando i vincoli di merito e ripristinando le precedenti condizioni: sono stati presi degli impegni in quel tavolo.

E proprio in quella sede, sulle borse di studio, l’assessore Gatti rassicurò parlando dell’intervento straordinario sul fondo per L’Aquila ottenuto in conferenza Stato-Regioni.
Non avremmo mai creduto che a questo seguisse una simile “sveltina”.

Sono passati 98 giorni da quell’incontro e, se si esclude l’apertura delle mense nei piccoli prefabbricati, non vi è traccia di alcun provvedimento conseguente alle promesse fatte.
Ad esempio, sugli esistenti criteri di merito per l’accesso a contributi straordinari legati al disagio post-sisma, l’Università ha fatto la sua parte, eliminando i criteri di merito per l’accesso all’esonero dalle tasse, mentre il Commissario straordinario, cioè il Presidente della Regione Abruzzo, che pure aveva chiesto questo passo dell’Università per poter procedere per quanto di sua competenza, a 100 giorni dalle promesse fatte, pare del tutto immobile.

Sul terreno degli alloggi pubblici, crediamo ci siano le condizioni per fare molto di più di oggi, dando una risposta all’enorme fabbisogno di alloggi per gli universitari.

Innanzitutto, chiediamo che venga destinata agli studenti l’intera Caserma Pasquali-Campomizzi.
Ad oggi 2 palazzine ristrutturate sono gestite dall’Adsu, ed è possibile anno per anno estendere il numero delle palazzine, a seguito della necessaria ristrutturazione a carico del Provveditorato alle Opere Pubbliche, fino alla realizzazione, nel bel mezzo della città e recuperando strutture ampiamente sottoutilizzate già prima del sisma, di un vero Campus Universitario con quasi 1800 posti letto.

In questa città ricca di Caserme semivuote e che dice di puntare sull’Università per rinascere, la nostra proposta è netta e chiara: una caserma di meno, un campus di più.

Inoltre, da subito, è possibile la messa in sicurezza degli alloggi presso la Reiss Romoli, in grado di ospitare circa 280 studenti. Allo stesso modo è ancora possibile, per noi semplicemente è doveroso, riportare la Residenza chiamata “San Carlo Borromeo” alla gestione pubblica, in linea con quanto scritto nell’Accordo di Programma che ha permesso questa realizzazione su di un terreno altrimenti, è bene ricordarlo, inedificabile.

E’ ora che gli enti coinvolti, in primis Regione e Comune, riportino la vicenda nel suo alveo pubblico.

I posti letto da poter utilizzare con regole pubbliche, semplicemente volendolo, ci sono.

Potrebbero essere già nel prossimo anno accademico quasi 1000 e nell’arco di pochi anni oltre 2000, senza contare il possibile utilizzo, in un prossimo futuro, di alcuni quartieri del piano C.A.S.E.

Se la scelta di “città universitaria” per il rilancio dell’Aquila è vera, sia da parte dello Stato, che degli Enti Locali, e non è solo uno slogan, allora basta orientare azioni e risorse nella maniera già tante volte indicata dagli studenti.

A noi invece, troppo spesso sembra che l’Università, gli studenti, l’idea di città universitaria, siano solo una “scusa”, una “buona motivazione”, per permettere deroghe, abusi edilizi, speculazioni, con risultati rovinosi
sia per gli studenti, costretti in pseudo-campus privati dispersi nel territorio, senza mobilità, con prezzi assimilabili a quelli di Via Zamboni a Bologna e spesso fuori dalla legalità,
sia per la città, che ogni giorno vede consumare il proprio territorio e accrescere la propria dispersione, in altre parole, perdere proprio quella caratteristica di città universitaria, che usa come alibi. Una clamorosa contraddizione.

Siamo stufi di essere usati per giustificare il costruire, costruire, costruire.
Caserma Campomizzi, piano C.A.S.E., Reiss Romoli, San Carlo Borromeo.
Ci sono in città già oggi le condizioni per fare, da subito, il più grande Centro Residenziale Universitario d’Italia pubblico, senza consumare un solo metro quadrato in più di terreno.

Per questo, su questo tema, ci rivolgiamo a tutte le autorità, basta con le ambiguità, con gli alibi, con le scuse, con gli studenti e la tragedia usati per affari privati, se credete in L’Aquila Città Universitaria: “sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no” e sia il vostro agire conseguente.

Quest’anno, è anche l’anno nato sotto il segno della contestatissima legge Gelmini e del movimento studentesco.

A partire dall’autunno del 2008 gli studenti a L’Aquila, come in tutto il Paese, cominciarono a contrastare le misure del governo contro l’università pubblica.

Nonostante le difficoltà degli studenti aquilani, anche quest’anno si è continuato a manifestare per l’università.

In tutta Italia sono stati occupati i monumenti principali: noi abbiamo voluto che il centro storico dell’Aquila fosse il nostro Monumento Studentesco, violando la zona rossa,
portando la protesta fino agli storici palazzi dell’Università nel centro della città e occupando, dopo 15 anni, tutti i poli universitari.

Anche qui, massicciamente, abbiamo difeso i nostri libri, i libri veri, anche qui, come insegna il Professor Vecchioni, siamo scesi nelle piazze perchè stanno uccidendoci il pensiero.

Le principali criticità denunciate dagli studenti, rimasti inascoltati dal Governo e dal Parlamento, sono legate alla riduzione degli spazi democratici all’interno della governance d’ateneo, alla progressiva “ministerializzazione” dell’Università, allo sradicamento del diritto allo studio.

La Legge Gelmini, di fatto riduce il valore della rappresentanza studentesca, relega il Senato Accademico ad un ruolo propositivo, trasformando invece il Consiglio di Amministrazione nel fulcro del governo dell’ateneo, dando un’impronta chiaramente aziendalista all’università pubblica, che dovrebbe essere il luogo in cui si sviluppa la ricerca, in cui si dovrebbe puntare sulla qualità della didattica, sulla formazione del pensiero critico.

Invece ci troviamo in un paese che non investe sui saperi, che opera tagli lineari alle risorse, invece di scegliere le sue priorità, annientando così gli atenei e quindi lo sviluppo dell’intero Paese.

Sono anni che ripetiamo questa nostra grande preoccupazione, ma purtroppo si continuano a registrare tagli su formazione e ricerca e non vi sono spiragli di un’inversione di tendenza.

La Legge Gelmini impone un rapido percorso di riforma e riordino complessivo degli atenei. Riteniamo questa fase di applicazione, estremamente delicata.

Vanno fatte scelte strategiche, vista la necessità di riordinare dipartimenti e facoltà, e di riformulare lo Statuto.

Nell’immediato riteniamo che per rimodulare l’offerta formativa, si debba ragionare non solo per numeri, in riferimento alla stringenza dei requisiti minimi ministeriali, ma in un’ottica lungimirante: tenendo conto delle risorse umane e culturali dell’Ateneo, delle peculiarità del territorio, dell’importanza della qualificazione dell’ateneo, al termine ormai prossimo dell’accordo di programma Miur-Univaq.

A tal proposito di certo non giova il taglio del 3,72 % ai danni dell’FFO base dell’Università dell’Aquila, taglio che solo i rappresentanti del governo e i “giovani Gelminiani” fanno finta di non vedere.

Un taglio che è il tradimento dell’Accordo di programma, un Accordo che pure avevamo visto come un atto importante da parte del Miur.

Ora l’Accordo sta per terminare, ed è indispensabile, ineludibile, improcrastinabile l’apertura di una nuova trattativa tra Università e Miur per affrontare i prossimi anni.

Il Governo, il Parlamento, la Regione hanno il dovere di dare concretezza all’analisi che tutti hanno fatto sul legame indissolubile tra futuro dell’Università dell’Aquila e futuro possibile per la Città dell’Aquila.

Per questo serve un nuovo Accordo di Programma più ampio, che affronti il tema delle risorse per l’Ateneo, dell’offerta formativa, della ricerca e del trasferimento tecnologico, necessari al martoriato territorio per rilanciarsi, dei servizi e delle strutture dedicate al diritto allo studio.

Senza questo, senza investimenti nel “bacino” dei saperi che l’Università ha dentro di sè, la città rischia di diventare una città di sola edilizia.

E’ indispensabile da questo punto di vista ricordare le peculiarità che si intrecciano con la drammatica esperienza del sisma e della ricostruzione materiale e relazionale.

Dall’ identità di un territorio con fortissime radici nel passato e con i suoi beni artistici, architettonici e ambientali,
alle tecniche costruttive, agli studi geomorfologici, alle professionalità legate ai servizi alle persone, quelle sanitarie, quelle legate all’assistenza sociale e alla psicologia dell’emergenza.

Specificità territoriali che sono nate o che hanno assunto una priorità dopo il sisma.

Bisogna investire in questi campi, ed invece, stretti tra requisiti minimi, strutturale mancanza di risorse, progressivo invecchiamento del corpo docente e una purtroppo dilagante rassegnazione della comunità accademica,
proprio in questo Ateneo,
proprio in questa Città,
con questo immenso patrimonio da recuperare,
noi, qui ed ora,
stiamo decidendo di chiudere il corso di Beni Culturali.

E’ la punta dell’iceberg.
Che da il senso di come questo immenso patrimonio, potenzialmente utile alla ricostruzione e al rilancio della città e del territorio, che è l’Ateneo, rischia di essere sprecato e di spegnersi insieme alla Città, stretto tra riforma Gelmini, gli assurdi vincoli di Tremonti e il senso di smarrimento che attraversa la comunità universitaria.

Ci rendiamo perfettamente conto della ristrettezza dei numeri imposta dagli ultimi decreti ministeriali in materia di requisiti minimi, decreti che di fatto impongono agli atenei scelte obbligate, e che non vanno affatto nella direzione della “efficienza e qualità” tanto auspicate dal ministero.

Tuttavia crediamo fermamente che si debba fare tutto il possibile per “costruire” un’offerta didattica diversificata, soprattutto negli sbocchi magistrali.

Sempre in tema di offerta formativa riteniamo inoltre che si debbano assolutamente preservare i corsi abilitanti, tenere conto dei corsi che più attraggono gli studenti, rilanciandoli nei percorsi triennali e ripristinando anche magistrali di interesse.

Infine, con l’entrata in vigore del nuovo decreto sulla formazione degli insegnanti, le Facoltà e l’Università nel suo complesso, devono assolutamente garantire l’attivazione delle magistrali abilitanti all’insegnamento, con un attenta gestione delle risorse necessarie per rispettare i requisiti minimi necessari.

Tra i primissimi Atenei in Italia, l’Università dell’Aquila da tre anni si è dotata di una propria Carta dei Diritti degli Studenti.
In questa Carta sono raccolti principi e norme atti a tutelare i diritti degli studenti in tutte le fasi della vita accademica.

Nello Statuto vigente la Carta è indicata come uno dei regolamenti principali del nostro ateneo, in subordine al solo Statuto.

Per noi è scontato che in questa fase di rielaborazione e stesura del nuovo statuto, la Carta dei diritti debba rimanere uno dei cardini della nostra regolamentazione, proprio per mantenere un punto fermo nella salvaguardia dei diritti degli studenti.
Riteniamo che i principi enunciati nella Carta debbano essere di riferimento in questa fase di riordino complessivo dell’ateneo.

In questo senso è fondamentale che venga garantita la rappresentanza studentesca in tutti gli organi collegiali che saranno individuati con la nuova struttura organizzativa.
Vista la centralità che la Legge Gelmini attribuisce ai dipartimenti, gli studenti intendono partecipare attivamente anche alla discussione sul futuro assetto dipartimentale.

Siamo ben consapevoli che le scelte di afferenza dipartimentale riguardano il lavoro quotidiano del corpo docente, ma le scelte che caratterizzeranno i futuri dipartimenti e l’intera riorganizzazione dell’Ateneo, sono di importanza strategica,
poichè andranno a delineare il profilo culturale e scientifico dell’ateneo e questo avrà una influenza diretta anche sulla futura offerta didattica.

Per questo riteniamo imprescindibile la più ampia partecipazione nella discussione, nella quale tutti i contributi sono importanti, compresi quelli degli studenti.
Diritto allo studio, alloggi, mobilità, cittadinanza studentesca, legalità, democrazia negli Atenei, partecipazione, formazione critica, ricostruzione, futuro della città.

Nè il sisma, nè la Gelmini, nè Tremonti, ci hanno piegato.
Siamo ancora qui.

Come disse Mazzini:

“A parole chiare, risposte chiare.
Non cederemo,
Noi siamo forti e ostinati.
Abbiamo per noi l’istinto della gioventù del popolo d’Italia.”

2 commenti
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  1. ottimo discorso! davvero di qualità! complimenti al Presidente che ha rappresentato degnamente gli studenti.